Abbiamo già speso tante parole sulla necessità di portare a zero le emissioni del settore edilizio, efficientando gli edifici e i nostri comportamenti quotidiani. Ma azzerare l’impatto ambientale in un mondo ormai destabilizzato dal cambiamento climatico non basta più: bisogna fare un passo in più, cercando di ricostituire gli ecosistemi distrutti e, nel caso dell’edilizia, di produrre più energia pulita di quanta se ne consuma. È proprio questo il compito dei Plus Energy Building (PEBs), i cosiddetti “edifici a energia positiva”.

Perché questa tipologia edilizia possa in futuro diffondersi il più possibile, il progetto europeo Cultural-E sta sviluppando il 2CAP-Energy Atlas, ad opera di Eurac Research, di Università Ca’ Foscari e di RMIT University. Si tratta di un atlante interattivo che include informazioni sulle peculiarità culturali, climatiche e politiche relative al settore edilizio ed energetico di ogni nazione e zona climatica europee. Perché possa raggiungere lo stato di PEB, infatti, ogni edificio dovrà essere progettato anche tenendo conto delle condizioni climatiche e delle abitudini culturali nel territorio in cui verrà costruito.

 

Cosa sono i Plus Energy Building

Gli edifici a energia positiva hanno tre obiettivi tanto semplici quanto rivoluzionari per il settore delle costruzioni:

  • ridurre il più possibile il proprio consumo di energia, durante tutto il ciclo di vita
  • produrre più energia pulita possibile, tramite impianti fotovoltaici, micro-eolici o, se possibile, geotermici
  • essere connessi in rete, per poter scambiare energia con la rete pubblica, vendendo il proprio surplus o comprando energia in caso di necessità

Il soddisfacimento di tutti e tre questi importanti requisiti li rende le architetture simbolo della transizione ecologica e un modello vincente di sostenibilità, in grado di costituire ambienti confortevoli per chi li frequenta e per tutta la comunità.

I Plus Energy Building, infatti, sono prima di tutto costruiti con materiali ecosostenibili e secondo i principi della bioarchitettura: ben isolati, correttamente orientati, ventilati e illuminati, con sistemi di recupero e riutilizzo delle acque, ben integrati strutturalmente ed esteticamente nel contesto circostante e perciò piacevoli da vivere e da frequentare. Ma, soprattutto, sono in grado di autoprodurre energia elettrica, a partire da fonti rinnovabili e in quantità maggiore rispetto a quella a loro necessaria. Un sistema di accumulo permette loro di conservare l’energia generata in eccesso e di utilizzarla quando strettamente indispensabile o persino di venderla nei dintorni, ottenendo perciò anche profitti economici.

Si comportano, cioè, da vere e proprie centrali elettriche dislocate sul territorio, potenzialmente in grado di coprire il fabbisogno di interi quartieri. Una caratteristica che farebbe impallidire persino i NZEB (Net Zero Energy Building), gli edifici dall’impatto ambientale nullo che ben si integrano con i Plus Energy Building, di cui potrebbero sfruttare il surplus di produzione energetica, e che iniziano finalmente a diffondersi anche in Italia. Dall’1 gennaio 2021, infatti, qualunque nuovo edificio venga realizzato nel nostro paese dovrà essere uno NZEB.

 

Qualche esempio di Plus Energy Building

Tanto tempo è passato da quando l’architetto tedesco Rolf Disch progettò nel 1994 la prima Plus Energy House al mondo, la Heliotrope di Friburgo, e successivamente nel 1999 il primo quartiere Plus Energy in assoluto, il Solar Siedlung sempre a Friburgo. Da allora gli edifici a energia positiva – case, uffici, scuole e altre costruzioni di ogni genere – stanno aumentando esponenzialmente, anche se ad oggi rappresentano ancora casi isolati e modelli di azione più che soluzioni diffuse in modo capillare.

Uno degli esempi più eccezionali di Plus Energy Building è stato recentemente completato in Norvegia su progetto di Snøhetta. Si tratta della powerhouse Brattørkaia, sita in pieno sole vicino al porto di Trondheim. Questo edificio per uffici è ricoperto di 3000 m2 di pannelli fotovoltaici, integrati sul tetto e sulla facciata, che producono ogni anno fino a 500.000 kWh di energia elettrica completamente pulita e rinnovabile, ovvero più del doppio di quella che consuma quotidianamente. Grazie a un sistema di accumulo, la quantità di elettricità così generata non è utile solo a coprire il fabbisogno energetico dell’edificio nei lunghi mesi invernali in cui la luce solare scarseggia, ma anche ad alimentare gli edifici nei dintorni, gli autobus elettrici, le auto e le barche.

La Brattørkaia è una delle 4 powerhouse norvegesi già progettate da Snøhetta, insieme a Kjørbo, edificio per uffici a Sandvika, Montessori, scuola a Drøbak e l’ultimo arrivato, Telemark, workspace a Porsgrunn. Due di questi, Brattørkaia e Telemark, hanno persino ottenuto la certificazione BREEAM, il principale e il più severo metodo di valutazione della sostenibilità di infrastrutture ed edifici.