In Italia l’energia da biomassa copre il 5,4% del fabbisogno energetico, generando ogni anno 17.231.787 MWh a partire da 2753 impianti (rapporto Comuni Rinnovabili 2019 di Legambiente). Numeri molto bassi rispetto al potenziale del settore, capace di generare energia elettrica e termica in modo sostenibile. La crescita costante dell’ultimo decennio, seconda solo a quella del fotovoltaico nell’ambito delle fonti rinnovabili, ha oltretutto subito un preoccupante stallo nel 2018. Eppure l’Italia ha tutte le carte in regola per diventare uno dei primi produttori di energia da biomassa, date le caratteristiche del suo territorio, che vede alternarsi senza sosta terreni agricoli, boschi e allevamenti. Ma in cosa consistono esattamente le biomasse e come si fa a ricavarne energia?

 

Cosa sono le biomasse e come producono energia

Il settore agro-alimentare, l’allevamento, la silvicoltura, l’acquacoltura, le industrie della carta e del legno e le attività di deforestazione e di potatura generano grandi quantità di scarti organici che costituiscono delle vere e proprie risorse energetiche rinnovabili, se non contengono prodotti chimici. Erba, rami, foglie, alghe, letame qualunque altro rifiuto organico vegetale o animale, le cosiddette biomasse, sono perciò utilizzabili come biocombustibili (o biofuel), per alimentare mezzi di trasporto, centrali che producono energia elettrica e/o energia termica e stufe a pellet.

Concentrandoci sul secondo impiego, ecco come le biomasse riescono a produrre energia:

  1. le biomasse vengono trasportate in centrali specializzate (centrali a biomassa), che le bruciano in camere di combustione generando calore e anidride carbonica
  2. il calore scalda l’acqua contenuta nel circuito termodinamico, che a sua volta produce vapore
  3. il vapore prodotto viene incanalato in tubature che lo portano ad azionare le turbine
  4. un alternatore collegato alle turbine produce elettricità a corrente alternata
  5. l’elettricità a corrente alternata viene elevata di tensione da un trasformatore e può così essere destinata a impianti domestici e industriali.

Quando una centrale produce contestualmente sia energia elettrica che termica, si parla di cogenerazione.

 

I vantaggi

Produrre energia dalle biomasse significa perciò sfruttare fonti rinnovabili dando vita a un processo circolare che genera vantaggi a diversi livelli:

  • sono costituite da materie prime abbondanti e facili da reperire, che vengono continuamente prodotte e costituiscono un perfetto esempio di risorsa rinnovabile
  • favoriscono la coltivazione o la riforestazione di terreni dallo scarso valore produttivo e perciò rimasti incolti
  • permettono di riutilizzare scarti e rifiuti, eliminando il problema della loro gestione e del loro smaltimento e tenendo fede a uno dei principi cardine della green economy
  • costituiscono perciò una fonte di reddito alternativa per le aziende che lavorano nei settori interessati e che altrimenti dovrebbero trovare un altro modo per smaltire i loro scarti
  • consentono di impiegare alberi, arbusti e colture vittime di catastrofi naturali come malattie, grandinate, alluvioni e simili
  • nelle centrali è possibile stoccare il materiale da bruciare e dunque programmare il suo utilizzo in base alla necessità.
  • il processo di trasformazione delle biomasse in energia è carbon neutral, perché la quantità di CO2 che producono al momento della combustione è uguale a quella assorbita dalle piante durante il loro ciclo di vita
  • riducono la dipendenza dai combustibili fossili.

 

L’energia da biomassa è davvero sostenibile?

Nonostante i vantaggi derivanti dall’utilizzo delle biomasse per la produzione di energia, non sono tutti concordi sulla loro reale convenienza sociale, economica e ambientale. Ecco perché.

  • I rifiuti non bastano. Le biomasse costituite da rifiuti e scarti oggi non offrono ancora energia in modo consistente e stabile durante tutto l’anno. Per supplire alle carenze producendo grandi e costanti quantità di energia, perciò, è necessario coltivare grandi superfici, togliendo spazio all’agricoltura con destinazione alimentare. Le coltivazioni monocolturali, inoltre, riducono la biodiversità e la fertilità del terreno, rischiando una proliferazione di insetti e batteri e la necessità di utilizzare prodotti chimici per supplire a processi naturali interrotti.
  • Si rischia la deforestazione. Per lo stesso motivo delineato sopra, si rischia di danneggiare gli ecosistemi forestali, anche in presenza di certificazioni di sostenibilità, cioè di una puntuale riforestazione delle zone deforestate. Se pianificare attentamente la piantagione dello stesso numero di alberi tagliati parifica. Per rendere davvero sostenibile il settore, perciò, bisognerebbe aumentare la quota di biomasse alternative, come le alghe, utilizzare in modo più sistematico gli scarti e accompagnare la crescita del settore a una stretta sulla normativa forestale.
  • Il processo di trasformazione è costoso. Spesso le biomasse necessitano di trattamenti preliminari che allungano i tempi di lavorazione, aumentano i costi e sprigionano inquinamento. Lo stesso vale nel caso in cui le biomasse necessitino di un lungo trasporto perché provenienti da zone lontane dalle centrali.
  • I materiali bruciati potrebbero non essere completamente naturali. È difficile accertarsi che il 100% dei materiali che giungono alle centrali pronti per essere bruciati sia di origine naturale.