Il Piano nazionale 4.0 è la modalità con cui l’Italia prevede di svecchiare tecnologicamente il suo sistema produttivo, incoraggiando tramite incentivi fiscali gli investimenti privati di piccole, medie e grandi imprese. Nel nostro paese è perciò iniziata una «nuova politica industriale 4.0, più inclusiva e attenta alla sostenibilità», come aveva sottolineato il Ministro Patuanelli durante la presentazione del Piano, riunendo in poche parole gli ingredienti di un modello di sviluppo sostenibile: digitalizzazione, inclusività sociale, sostenibilità ambientale ed economica.

 

Industria 4.0 e Transizione 4.0: che differenza c’è?

Transizione 4.0 non è il primo piano nazionale per la digitalizzazione delle imprese. Due altri strumenti l’hanno preceduto, pur senza risultare altrettanto dirimenti. Industria 4.0, presentato nel 2016 dal Governo Renzi, mirava in particolare a incentivare la trasformazione digitale delle imprese per diminuire gli squilibri economici evidenti in Italia. Articolato per il quadriennio 2017-2020, prevedeva una serie di agevolazioni tra le quali super-ammortamento e iper-ammortamento sui beni, credito d’imposta per ricerca e sviluppo, patent box, agevolazioni per investimenti in startup e PMI innovative, potenziamento della Nuova Sabatini, del Fondo di garanzia PMI e dell’ACE, riduzione dell’IRES e tassazione agevolata per premi salariali di produttività.

Già nel 2017, primo anno dell’entrata in vigore, il Piano ha cambiato nome, diventando Impresa 4.0 e introducendo qualche novità, tra le quali il credito d’imposta per la formazione ICT. Nel 2020, con l’annuncio del Next Generation EU e una maggiore consapevolezza sul ruolo del digitale nella creazione di un modello di sviluppo sostenibile, è invece subentrato il Piano Nazionale Transizione 4.0, in tempo per inaugurare il Decennio Digitale dell’Unione Europea, guidato dal Digital Compass.

 

Lo scenario di partenza

Il Digital Compass indica all’Europa la strada dell’innovazione, riscontrando uno scenario di partenza non all’altezza degli obiettivi di digitalizzazione e sostenibilità fissati per il 2030 e per il 2050. Le aziende italiane sono particolarmente indietro in questo senso, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo di tecnologie digitali. Meno del 40% di loro, infatti, utilizza un archivio digitale (il Cloud), meno del 20% l’intelligenza artificiale e meno del 10% i Big Data e la data analysis. Solo il 15%, inoltre, prevede corsi di formazione in materia ICT (Information and Communication Technologies).

Secondo il Digital Compass, entro il 2030, l’anno finale di questo “decennio digitale”, il 90% delle aziende dovrà aver raggiunto un’intensità digitale di base, mentre il 75% dovrà aver iniziato a fare uso di Cloud, IA e Bid Data. Dovranno infine salire a 20 milioni gli esperti dell’ICT.

 

Cos’è Transizione 4.0?

Introdotto dalla Legge di Bilancio 2020, il Piano Nazionale Transizione 4.0 fa piazza pulita di super- e iper-ammortamenti e prevede aiuti statali in forma di credito d’imposta, allargando il campo della loro applicazione in base ai settori di punta dell’economia italiana. Viene in contro, in particolare, al made in Italy – moda, calzature, gioielleria, arredamento, ceramica, occhialeria e non solo – aggiungendo ai settori di ricerca beneficiari del bonus fiscale il design e l’ideazione estetica.

Pur concentrandosi in toto sulla digitalizzazione delle imprese, predilige l’innovazione declinata a favore della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Abbraccia perciò la vision europea relativa alla twin transition, in cui la transizione digitale è un elemento indispensabile della transizione ecologica.

Il credito d’imposta spetta alle aziende che hanno fatto investimenti nei settori contemplati dal Piano a partire dal 16 novembre 2020 e, per ora, fino al 31 dicembre 2022, con eventuale consegna dei beni entro giugno 2023. Già con la legge di bilancio 2021, inoltre, sono aumentate le aliquote e le tipologie di spese ammissibili, anche grazie alla concomitanza con il PNRR. Rispetto a quest’ultimo, il Piano Transizione 4.0 rientra nella M1C2, cioè nella seconda componente (“Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo”) della prima missione (“Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo”).

 

Cosa finanzia?

L’obiettivo principale di Transizione 4.0 è dunque di favorire la digitalizzazione del sistema produttivo, aumentandone la competitività nazionale e internazionale e improntandolo a modelli di sviluppo sostenibili. I settori interessati dal Piano sono i seguenti, con relative aliquote per il 2022:

  • beni strumentali materiali tecnologicamente avanzati. 40% del costo per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro, 20% del costo per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino al limite di costi complessivamente ammissibili pari a 10 milioni di euro, 10% del costo per la quota di investimenti tra i 10 milioni di euro e fino al limite di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro.
  • Beni strumentali immateriali tecnologicamente avanzati. 20% del costo nel limite massimo dei costi ammissibili pari a 1 milione di Euro.
  • Altri beni strumentali materiali. 6% nel limite massimo dei costi ammissibili pari a 2 milioni di euro.
  • Altri beni strumentali immateriali. 6% nel limite massimo dei costi ammissibili pari a 1 milione di euro.
  • Ricerca e sviluppo. 20% delle spese agevolabili nel limite massimo di 4 milioni di euro.
  • Innovazione tecnologica. 10% delle spese agevolabili nel limite massimo di 2 milioni di euro, ovvero in misura pari al 15% delle spese agevolabili nel limite massimo di 2 milioni di euro in caso di attività di innovazione tecnologica finalizzate al raggiungimento di un obiettivo di trasformazione dei processi aziendali secondo i principi dell’economia circolare o del paradigma 4.0.
  • Design e ideazione estetica. 10% delle spese agevolabili nel limite massimo di 2 milioni di euro.
  • Formazione 4.0. 50% delle spese ammissibili e nel limite massimo annuale di 300mila euro per le micro e piccole imprese, 40% delle spese ammissibili nel limite massimo annuale di 250mila euro per le medie imprese, 30% delle spese ammissibili nel limite massimo annuale di 250mila euro per le grandi imprese.