La transizione verso una mobilità sostenibile non può prescindere dall’elettrico, ma deve prevedere anche un cambio di abitudini da parte dei consumatori. Per esempio, l’abbandono dell’auto di proprietà a favore di servizi di car sharing, secondo i principi della sharing economy. Come sottolinea lo studio “Carsharing con veicoli elettrici – Soluzioni e proposte” condotto dall’Osservatorio nazionale sulla sharing mobility e da Motus-E, in Italia la motorizzazione privata raggiunge livelli record. Ma ormai, complice la pandemia e il cambio di abitudini che ha comportato, i tempi sono maturi per uno sviluppo dei trasporti condivisi.
Gli obiettivi 2030, allineati con il PNIEC (Piano Nazionale integrato energia e Clima), sono ambiziosi: un parco circolante ridotto, ma che preveda almeno 4 milioni di BEV (veicoli elettrici a batteria) e 2 milioni di PHEV (ibridi plug-in), e la triplicazione delle auto in sharing, tutte elettriche. Ma per raggiungerli non basterà la sensibilizzazione dei cittadini in ottica “Mobility as a Service” e il rodaggio di tecnologie e servizi. Sarà necessaria anche la collaborazione delle amministrazioni, in dialogo con costruttori, gestori delle infrastrutture e tutti gli altri attori della filiera.
Cos’è il car sharing
Perché possedere un’auto di proprietà pagandone il bollo, l’assicurazione e la manutenzione, quando si può noleggiare all’occorrenza, pagandone solo l’utilizzo effettivo? Il car sharing costituisce, infatti, una tipologia di mobilità condivisa on demand e senza conducente (NSC), ovvero non legata a orari precisi o a una tratta prestabilita e autogestita. Lo stesso genere di condivisione può riguardare anche mezzi leggeri, come biciclette, monopattini e scooter. In Italia soltanto le aziende possono mettere a disposizione un’auto da condividere, in altri Paesi anche i privati.
Altri esempi di mobilità con condivisione di veicoli a quattro ruote sono il servizio taxi e l’autonoleggio con conducente (NCC). Tra questi, il car pooling e il ride sharing, che si differenziano a loro volta. Il primo non ha finalità di lucro e prevede la semplice condivisione dei costi del viaggio con i passeggeri trasportati da parte del proprietario e guidatore dell’auto. Il secondo, on demand, può invece prevedere anche un guadagno economico da parte di chi trasporta i passeggeri. Per quanto riguarda l’altra tipologia di mobilità condivisa, soggetta a orari e percorsi unici, non è altro che quella legata ai trasporti pubblici (treni, metro, autobus, tram,…).
Anche all’interno del car sharing esistono varianti per quanto riguarda i modelli operativi, economici e di governance. Ecco i due principali:
- free-floating (a flusso libero). La vettura non è prenotabile e viene prelevata dal luogo in cui l’ha lasciata l’ultimo utente, all’interno di un perimetro urbano definito. È un servizio a tempo (a chilometro solo su grandi distanze) che richiede flotte numerose e funziona al meglio nei grandi centri urbani, come alternativa a mezzi pubblici o taxi. In genere le corse sono brevi.
- Station-based. Un servizio a prenotazione con stalli riservati per consegna e prelievo. La tariffa è sia su base chilometrica che su base oraria e le corse sono medio-lunghe.
I vantaggi dell’e-sharing
Come si è accennato, la sfida non consiste solo nell’incentivare la diffusione del car sharing, perché l’obiettivo è di mettere a disposizione flotte di auto interamente elettriche (e-sharing). La penetrazione dell’elettrico nei mezzi condivisi è già ampia per quanto riguarda servizi su rotaia e servizi a fune, nonché per la mobilità leggera, pensata per distanze brevi. Ma, nonostante il car sharing rappresenti il servizio di condivisione di auto più elettrificato, l’elettrificazione dei veicoli a quattro ruote stenta ancora a decollare. A causa della crisi pandemica e della chiusura di un attore importante come Sharen’go, il numero di veicoli condivisi elettrificati è tornato ai livelli del 2015. Inoltre, in Italia la situazione è molto diversificata in base alla latitudine, con la maggior parte delle flotte concentrate nelle città del Nord, complice anche lo squilibrio nella diffusione delle infrastrutture di ricarica.
Eppure i vantaggi che conseguono dall’unione di questi due modelli green, car sharing ed e-mobility, sarebbero notevoli e percepibili da tutti:
- più spazio in città. Entro il 2050 il 70% della popolazione mondiale vivrà in città, dove non ci sarà di certo spazio per una vettura di proprietà a testa.
- Meno congestione e smog. Anche la salute ne beneficerà, non solo perché sparirà lo stress del traffico e della ricerca del parcheggio, ma anche perché diminuiranno il rischio di incidenti e lo smog, che ogni anno uccide mezzo milione di persone.
- Meno costi. Le auto di proprietà hanno costi più alti di quelli che si sosterrebbero noleggiando un’auto all’occorrenza.
- Benefici ambientali. L’UE si è posta l’obiettivo di diminuire del 55% le emissioni (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2030 e di azzerarle entro il 2050. Per raggiungerlo, non si può prescindere dall’abbandono dei combustibili fossili e dalla riduzione del parco circolante.
I passi da compiere
Non si può di certo attendere che il mercato si adegui da solo ai nuovi obiettivi di sostenibilità. Saranno necessarie azioni concrete da parte di tutti e una collaborazione tra i diversi attori della filiera.
Le amministrazioni locali dovranno:
- promuovere il car sharing scoraggiando l’accesso e la sosta di auto private in determinate zone delle città (attraverso limitazioni orarie e pedaggi).
- Riprogettare reti stradali e spazi pubblici in base alle nuove necessità, dando la priorità a soluzioni condivise ed elettriche.
- Utilizzare risorse pubbliche per incentivare l’utilizzo di servizi di e-sharing.
- Stringere accordi per l’installazione di infrastrutture di ricarica veloce.
Le amministrazioni nazionali dovranno:
- stabilire un piano di riduzione ed elettrificazione del parco circolante.
- Incentivare l’acquisto e il noleggio di veicoli elettrici condivisi.
- Incentivare gli operatori per l’installazione di infrastrutture di ricarica veloce dedicate all’e-sharing.
- Prevedere trattamenti fiscali favorevoli al car sharing.