Non esiste una professione che non abbia un impatto sociale, ma esistono professioni il cui impatto sociale può essere molto più significativo di quello di altre. La professione dell’amministratore di condominio è fra queste ultime. Solo in Italia ci sono 1 milione e 200 mila condomini in cui abita il 60% della popolazione. Questi condomini sono gestiti da circa 60.000 amministratori professionisti, che salgono a oltre 300 mila se si considerano i non professionisti. Un numero spropositatamente alto rispetto a quello degli amministratori degli altri Paesi europei, che testimonia da un lato la dimensione e il potenziale del mercato italiano e dall’altro la mancanza di una regolamentazione in materia.

Oltre 40 milioni di cittadini in Italia si affidano a un amministratore che gestisca quello che la maggior parte delle persone considera il bene primario in assoluto: la casa. È evidente dunque come l’amministratore abbia un ruolo che va ben oltre quello di un tecnico capace di garantire il corretto funzionamento delle dinamiche condominiali. Un ruolo che richiede un grande carisma, nonché una coordinazione dal punto di vista etico e deontologico tra colleghi, studi e associazioni di categoria.

 

La professione si rinnova

Com’è accaduto per i settori più disparati, il Covid ha accelerato anche il cambiamento in atto nel mondo condominiale, che investe in pieno l’amministratore. I condomini possono diventare il motore della rivoluzione sostenibile, non solo dotandosi delle tecnologie necessarie a diminuire i consumi e a rendere più vivibili gli ambienti, ma anche mutando la loro natura per diventare luoghi di aggregazione, di collaborazione e di condivisione.

In questo nuovo scenario, l’amministratore condominiale ha un ruolo di primo piano. È infatti chiamato a diventare un punto di riferimento a 360 gradi per i condòmini: come building manager, aggiornando le proprie competenze tecniche e digitali per ottimizzare la gestione, ma soprattutto come guida autorevole verso un condominio più sano, sicuro e inclusivo, confortevole per tutti.

Eppure l’Italia rimane l’unico Paese europeo in cui la professione, pur crescendo nel carico di responsabilità, non è regolata, se non da norme confuse e contraddittorie. Di qui deriva l’altissimo numero di non professionisti che si assumono il compito di amministrare il proprio palazzo dietro bassi compensi, senza partita IVA e tantomeno uno studio alle spalle. Ma è spesso subito evidente come il risparmio sulla spesa per l’amministratore sia direttamente proporzionale alla qualità dell’amministrazione.

Laddove non arriva l’ordinamento giuridico – non esiste nemmeno un Albo per gli amministratori – oggi arrivano tuttavia le Associazioni di categoria e su tutte noi di ANACI che contiamo il maggior numero di iscritti. La nostra Associazione promuovere l’aggiornamento continuo della professione, fornendo agli amministratori un codice deontologico condiviso da rispettare, assistenza, formazione e intermediazione con le istituzioni e dando ai consumatori (i condòmini) garanzie di professionalità e alti standard qualitativi.

 

L’amministratore condominiale alla prova

È ormai chiaro come l’amministratore non possa più essere – e non lo sarebbe dovuto essere neanche in passato – considerato soltanto come una spesa condominiale obbligatoria. Amministrare un condominio, oggi più che mai, non è un passatempo da “dopolavoristi”, è un’attività che richiede competenze diversificate e approfondite (fiscali, tributarie, contabili, legali e non solo) paragonabili a quelle richieste da altri mestieri specialistici, in aggiunta a capacità relazionali e di coordinamento.

Mettendosi al servizio della collettività – una collettività formata da oltre 40 milioni di persone –, l’amministratore di condominio può condurre in prima persona non soltanto la twin transition (digital e green) del settore, ma anche le trasformazioni sociali che questa porta con sé. Dopotutto, il valore basilare da promuovere con questo mestiere non è l’innovazione tecnologica – questa, semmai, è uno strumento indispensabile –, ma l’integrità, il rispetto e la condivisione, unitamente a una sostenibilità che è ambientale tanto quanto sociale. La digitalizzazione, perciò, è uno dei mezzi più promettenti del cambiamento, ma il fine rimane sempre e comunque il benessere dei cittadini, che non dipende soltanto da qualche parametro ambientale o dai brevi tempi di una ristrutturazione.

L’amministratore, infatti, opera a tutti gli effetti e innanzitutto nel sociale, perché il condominio è un vero e proprio microcosmo e la qualità della vita al suo interno si riflette sulla qualità della vita nel quartiere e nell’intera città. Per garantirla, perciò, non basta insistere sull’importanza dell’efficienza energetica o sulla domotica. È altrettanto necessario dimostrare una deontologia e soprattutto un’etica del lavoro improntate ai valori sopra citati, per saper parlare da esperti a clienti tanto quanto da uomini e da donne ad altri uomini e donne.